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Dottore sono stressato

Il concetto di stress è stato introdotto negli anni '30 da Hans Selye, un medico austriaco che lo definì "uno stato di tensione.... che si manifesta mediante trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi....". 
Cosa accade? 
Uno stato di tensione è legato  ad un aumento dell'ormone cortisolo e del neurotrasmettitore adrenalina, a  sintomi fisici (tensione muscolare, cefalea, gastrite, dermatite, stanchezza cronica, diminuzione difese immunitarie ecc) e a manifestazioni psichiche (disturbi del sonno, disturbo acuto da stress, disturbo da attacchi di panico ecc).
Possiamo rintracciare vari  stressor:
  • psichici (paura, incertezza, traumi,   sentirsi vincolati alle circostanze, timore di non farcela ecc)
  • relazionali (senso di rifiuto, senso di dipendenza, sensibilità al giudizio degli altri ecc)
  • organici (dolore, malattie, fame, sete ecc)
  • ambientali (caldo, freddo, odori sgradevoli, rumori ecc)
Nonostante esista una forte variabilità individuale sia di fronte alla percezione degli eventi che rispetto alle modalità di reazione e di adattamento agli stessi, i vissuti di stress e relativi disturbi appaiono piuttosto diffusi.
Cosa può fare un aiuto psicologico?
E' possibile, a seconda dei casi specifici, intervenire su tre livelli:
  1. modificare la valenza emotiva attribuita ad una situazione. Spesso ha poca importanza la natura reale dell'evento che si deve affrontare ma conta piuttosto il significato che gli attribuiamo e l'emozione ad esso legata. Si può, per esempio, concepire uno stress come una sfida/stimolo piuttosto che una minaccia. 
  2. abbassare livelli di stress tramite la modificazione di alcuni stili di vita e l' eliminazione di alcuni comportamenti disfunzionali/disadattivi
  3. aumentare la capacità di gestione/tolleranza dello stress tramite tecniche respiratorie, di rilassamento, della gestione del tempo.

Liberi di scegliere?

Le decisioni che prendiamo ogni giorno sono certamente indirizzate dai nostri bisogni (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza e amore, di stima, di autorealizzazione Maslow 1954).
Tuttavia, oltre che dalle possibilità reali che il mondo esterno ci offre, i processi decisionali sono influenzati da alcuni aspetti puramente psicologici.
- Le emozioni che proviamo nel momento in cui dobbiamo scegliere: ad esempio in momenti di rabbia siamo più inclini a dare giudizi negativi, in fasi caratterizzate da tristezza siamo meno fedeli agli obiettivi che ci siamo prefissati, in momenti di paura possiamo anche agire in maniera non razionale.
- I pregiudizi che abbiamo di fronte ad una determinata situazione o persona: un prodotto di una nota marca o costoso ci apparirà di qualità superiore ad un altro, prima di averne fatta una valutazione oggettiva, una persona che ha maggiori punti di contatto con noi ci apparirà più affidabile di una che ci somiglia di meno.
- I processi di emulazione: durante un esperimento in un albergo  sono stati messi cartelli con scritte differenti nelle varie stanze per incentivare al riutilizzo degli asciugamani. La frase che maggiormente ha prodotto l'obiettivo è stata "Il 75% degli ospiti di questa camera ha riutilizzato il proprio asciugamano". E questo è anche il meccanismo sottostante molti slogan pubblicitari
- Meccanismi psicologici nelle dinamiche di gruppo:
 ad esempio le norme emergenti all'interno di un gruppo (Turner e Killian) che portano gli individui che ne fanno parte ad assumere comportamenti anche aggressivi ed estremi, derivanti da una sorta di contagio emotivo fra i componenti oppure il processo di deindividuazione che indebolisce la percezione della responsabilità personale così come della paura, della vergogna e del senso di colpa (esperimento di Zimbardo Università di Standford)


Dove abitano le emozioni


Le emozioni sono esperienze interiori accompagnate da modificazioni fisiologiche (attivazione sistema nervoso centrale, sistema nervoso periferico e sistema endocrino). Le emozioni di base (gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto,  sorpresa) sono universali e vengono mostrate in modo univoco con le espressioni facciali. (Paul Ekman). Le altre emozioni, quali per esempio il senso di colpa o la vergogna, non sono universali (ma apprese culturalmente) in quanto non hanno un valore adattivo per la specie.
Appare evidente, però, che non tutti di fronte allo stesso stimolo provano la stessa emozione. La percezione di uno stato di attrazione o repulsione verso un oggetto o una situazione è determinata dalle esperienze passate. Così, per esempio, di fronte allo stimolo 'cane' una persona potrà mostrare paura se in passato ha avuto un vissuto negativo nei confronti di quell'oggetto o se per condizionamento (educazione ricevuta anche in modo indiretto, es un genitore che ha reazioni di paura e fuga di fronte all'animale) lo ha categorizzato come pericoloso.
Il ricordo (a volte non cosciente) della corrispondenza 'cane-pericolo' resta immagazzinato nel sistema limbico del cervello.
In esso un ruolo centrale per le emozioni viene svolto dall'amigdala detta appunto la mandorla delle emozioni. Se l'ippocampo è quella parte che mi permette di riconoscere gli stimoli accedendo ai ricordi (ad esempio riconoscimento di una persona  ) l'amigdala è in grado di recuperare la valenza emozionale relativa (mi è simpatica?). 
Essa è considerata l'archivio della nostra memoria emozionale ed è in grado di comparare input esterni con esperienze passate (esempio un buon odore che ci riporta ad un momento dell'infanzia). Questa mandorla può agire molto velocemente; in caso di paura, ad esempio, invia una risposta prima che la corteccia cerebrale sappia cosa sta accadendo, in modo indipendente dal pensiero razionale.

Perché cambiare?

Perché è inevitabile! La vita di ogni individuo è costituita da un susseguirsi di eventi che influiscono sulla struttura emotiva e sul corpo. Il cervello stabilisce continuamente nuove connessioni neuronali (in misura maggiore nelle prime fasi della vita) che determinano una sorta di 'mappa' che guida il nostro modo di pensare, di leggere la realtà, di provare emozioni. Questa plasticità neuronale permette  al cervello di riorganizzarsi anche in caso di trauma fisico.
Ma è possibile cambiare in due modi: in meglio e in peggio. Con il termine 'in meglio' intendo qui una situazione di maggiore benessere e serenità.  Se è vero che la sofferenza può essere una forte risorsa interna per il cambiamento (si parla spesso in gergo comune di rinascita) tuttavia il livello di resilienza varia da un soggetto all'altro. "Molte persone sono 'affezionate' al loro disagio e non considerano la possibilità di staccarsene" (Bruno Bara Università di Torino). Cambiare in positivo, invece, può fare paura perché porta verso qualcosa di sconosciuto. Allora si mettono in atto diverse strategie di resistenza al cambiamento come la negazione del problema o la fuga.
In quest'ottica appare essenziale il confronto ovvero la presenza di qualcuno che ci proponga un modo diverso dal nostro di percepire le cose e ci aiuti ad uscire dagli stereotipi mentali.
Fonte: Focus 'Cambiare, in meglio'